Dove sta andando la moda? - Ripercorriamo la Milano Fashion Week
A dettare le regole di questa Fashion Week milanese sono state sicuramente due componenti: la pioggia e una certa dose di scetticismo. La prima ha creato qualche disagio imprevisto – come il cambio location della sfilata di Gucci che, per il debutto di Sabato De Sarno, aveva scelto le strade di Brera, per poi essere costretta a spostare tutto nell’Hub di Via Mecenate – la seconda, invece, è stata una conseguenza diretta del carico di aspettative che questa settimana della moda milanese si portava dietro. Ma cominciamo dall’inizio.
Chi ben comincia è a metà dell’opera: Fendi e Etro inaugurano al meglio la MFW
Come protagonista della giornata inaugurale del 20 Settembre abbiamo avuto senza ombra di dubbio Fendi, che ci ha regalato una sfilata senza fuochi d’artificio, restituendoci però, al tempo stesso, una concretezza e un’eleganza a tinte chiare che ha ripagato il mancato effetto a sorpresa. Almeno, per chi si aspettava che ce ne sarebbe stato uno. Il tutto, poi, è stato condito da una sana dose di voci di corridoio che hanno visto in questo lo show di congedo di Kim Jones - attuale direttore creativo della maison romana - e un inevitabilissimo toto nomi su chi potrà succedergli. Tra i candidati anche Alessandro Michele, che dopo l’addio a Gucci non ha ancora palesato il suo prossimo incarico.
E parlando di Fendi ci viene subito alla mente Marco de Vincenzo che, per chi sono lo sapesse, collabora con il brand da oltre 15 anni, occupandosi della pelletteria. Ma è Etro il suo punto nevralgico. Per la collezione SS 2024, Nowhere, de Vincenzo sceglie in realtà di andare ovunque, esplorando nuovi orizzonti attraverso mix eccentrici, colori saturi e accostamenti di stampe improbabili. Etro sta diventando sempre più riconoscibile sotto questa nuova direzione creativa e questo, ad oggi, non è poi così scontato.
L’artigianalità pratica di Prada
La moda, si sa, è fatta di alti e bassi. Ci sono momenti iconici che fanno la storia e altri che preferiremmo dimenticare, ma in questa altalena in continua oscillazione per fortuna esistono anche dei punti fermi, delle certezze alle quali non vorremmo mai rinunciare. Raf Simons e Miuccia Prada sono una di queste. La dichiarazione d’intenti è chiara: non si voleva «filosofeggiare» - per usare un termine usato dalla stessa Miuccia -, ma far parlare l’essenza degli abiti portati in passerella. La sfilata è un’esaltazione del mestiere dello stilista e dell’atto stesso di creare vestiti, rappresentato da un ritorno ad un’ artigianalità essenziale e pratica, non senza rinunciare ai dettagli e ad intelligenti scelte di styling che hanno fatto la differenza. E sì, parliamo delle slip mules che hanno offerto un tocco di colore a dei tubini in organza a tinte chiare, come anche a dei completi sartoriali color grigio. Oppure delle frange metalliche che hanno impreziosito delle classiche gonne midi, dello scialle poggiato sulle spalle o dei cristalli cuciti su camicie e cardigan a formare disegni astratti.
I 40 anni di Moschino
In attesa che la storia del brand fondato da Franco Moschino nel 1983 trovi un nuovo corso dopo l’abbandono di Jeremy Scott, in occasione dei suoi quarant’anni, la Maison ha deciso di celebrare la sua storia chiamando quattro stylist di fama internazionale - Carlyne Cerf De Dudzeele, Gabriella Karefa-Johnson, Lucia Liu, Katie Grand – a creare dieci look che reinterpretassero l’archivio. Il risultato è stato un defilé commemorativo che ha reso onore alla vena eccentrica e dinamica che ha da sempre caratterizzato il brand.
I debutti: Tom Ford, Gucci e The Attico
Se per alcuni si è trattato di celebrare decenni di storia, per altri invece questa Fashion Week ha segnato un nuovo inizio. Stiamo parlando di Tom Ford, Gucci e The Attico. Se i primi due hanno scritto un nuovo capitolo per brand storici e affermatissimi, per The Attico si è piuttosto trattato di un rito di iniziazione alla passerella. I debutti però, di qualsiasi tipo siano, comportano un carico di aspettative alle quali molto spesso non si riesce a far fronte. Soprattutto se sulle spalle si ha un’eredità pesante come può essere quella di Maison che per anni hanno scritto le pagine più importanti della storia della moda. Quella di Gucci è stata sicuramente la sfilata più attesa della settimana della moda meneghina, se non dell’intero Fashion Month. È passato quasi un anno dall’addio di Alessandro Michele che, lo scorso novembre, ha lasciato il brand fiorentino «in ragioni di differenti prospettive». C’era evidentemente bisogno di qualcosa di nuovo. Novità che da Gucci è stata fiutata in Sabato De Sarno, un designer napoletano già conosciuto nel mondo della moda per le sue collaborazioni con noti marchi, tra i quali, l’ultima e forse più importante, quella con Valentino, dove era il braccio destro di Pierpaolo Piccioli. Gucci Ancora – il nome scelto da De Sarno per la sua prima collezione - prometteva di essere un momento in cui ci si sarebbe innamorati di nuovo della moda, di Gucci e dell’italianità. Essendo queste le premesse, i risultati hanno fatto storcere il naso a parecchi. Infatti, quella che De Sarno ha presentato è stata una collezione che ha raso al suolo gli eccessi del suo predecessore, restituendo sì al brand una linearità che non gli apparteneva più da tempo, ma facendogli al contempo perdere quell’ identità inconfondibile che Michele era riuscito faticosamente a donargli.
Decide di restare in una zona di comfort anche Peter Hawkings firmando la sua prima collezione per Tom Ford. Il designer, che ha scelto Milano per il suo esordio, più che a grandi stravolgimenti, ha optato per un’operazione di consolidamento della storia del brand, deciso a non andare in una direzione diversa rispetto a quella del suo fondatore (Tom Ford, appunto) e rimanendo coerente con la sua storia. Il risultato è una sorta di studio d’archivio che rispolvera l’era più patinata del suo maestro: quella degli anni Novanta, quando ancora Ford era da Gucci. Blazer in velluto, tailleur in finto coccodrillo lucido, camice sbottonate fino all’ombelico, shorts micro e pantaloni a sigaretta sono le componenti essenziali ed imprescindibili di questo revival.
Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini per la prima sfilata del loro brand The Attico hanno scelto di ricreare un’atmosfera da salotto lungo Corso Sempione, accogliendo gli ospiti tra poltrone e divani colorati, non mancando di servirli con cocktail di benvenuto. Come in quelle feste private organizzate negli attici (appunto) di ogni it-girl che si rispetti. E loro it-girs lo sono sempre state.
Per restare fedeli all’intento delle founder di seguire una stagionalità più rispettosa degli immediati desideri delle persone, in passerella si è visto un mix di look pensati per la primavera estate 2024, ma anche di capi in vendita sin da subito e adatti alla stagione che si avvicina. Abbiamo ritrovato un The Attico completamente fedele a sé stesso, riconoscibilissimo e in linea con ciò che ci aspettavamo. Sarà l’inizio di qualcosa di ancora più concreto per Gilda e Giorgia? Non ci resta che stare a guardare.
L’addio di Walter Chiapponi a Tod’s
Dopo quattro intensi anni alla direzione creative di Tod’s, lo scorso Luglio Walter Chiapponi ha annunciato la sua separazione dal brand, e quello andato in scena lo scorso venerdì presso i Laboratori del Teatro alla Scala Ansaldo ha voluto essere uno show d’addio.
«L’essenziale è invisibile agli occhi, ma non per tutti, e non per capire tutto» era la scritta che campeggiava sulla t-shirt bianca indossata da Chiapponi a fine sfilata, quando, visibilmente emozionato, ha salutato il pubblico lì presente. Quell’ essenzialità che è stato l’obiettivo del designer milanese lungo tutto il periodo del suo incarico, e che in questa collezione trova la sua più completa realizzazione: eliminata ogni decorazione, la forza degli abiti sta tutta nei tagli, nei materiali utilizzati e nei volumi. Così, vengono portati in passerella look pratici e, appunto, essenziali, composti di gonne midi abbinate a giacche da giorno, il tutto combinato a calzature comode – mules con tacco basso, ballerine, sandali intrecciati e le scarpe con gommini che hanno scritto la storia del brand.
Photo credits Vogue Ruway