Lorenzo Seghezzi: il couturier di corpo e identità 

Lorenzo Seghezzi: il couturier di corpo e identità 

Attenzione alle tecniche artigianali tradizionali, ricerca di materiali e approcci contemporanei: questi gli elementi chiave che Lorenzo Seghezzi, classe 1997, reinterpreta nel mondo della corsetteria - connubio emblematico di tradizione e innovazione. C’è chi lo definirebbe artista e chi stilista, lui preferisce couturier.

Conosco Lorenzo alla presentazione della sua ultima collezione Epitelio durante la scorsa Fashion Week alla Fondazione Sozzani, dove esplora il rapporto tra corpo e identità, un concept che rappresenta il cuore del suo lavoro: “una tematica a cui sono profondamente legato, sia a livello personale, come individuo, sia in quanto parte della comunità queer.”

Siamo di fronte a un lavoro che “si basa sull’attenzione alle tecniche artigianali tradizionali, unita alla ricerca di materiali e approcci contemporanei”, elementi che vengono reinterpretati principalmente, ma non esclusivamente, attraverso il mondo della corsetteria, considerata “l’emblema perfetto della fusione tra tradizione e innovazione.”

Dopo la presentazione della collezione, ho avuto l’opportunità di approfondire con Lorenzo Seghezzi il suo lavoro e le tematiche che lo ispirano. In questa conversazione, racconta il percorso creativo dietro Epitelio e il suo legame con il concetto di identità.

pic by Pietro Agostini

Il processo creativo e l’approccio alla moda

La tua ultima collezione, Epitelio, esplora il rapporto con il corpo e l’identità. Cosa ti ha spinto a sviluppare questo concept?
È un concept che ho sempre cercato di esprimere nelle mie collezioni, perché rappresenta il cuore del mio lavoro. È una tematica a cui sono profondamente legato, sia a livello personale, come individuo, sia in quanto parte della comunità queer.

Qual è il tuo processo creativo? Parti da un’immagine, un’emozione, un materiale? E c’è un materiale inusuale che hai usato nelle tue creazioni?
Mi piace molto partire dai materiali, perché ho un legame profondo con il mondo del tessile. Spesso inizio proprio da lì, per poi disegnare e progettare il capo avendo già chiaro il comportamento del materiale. Da quando mi sono avvicinato alla corsetteria, il rapporto tra tessuto e stecche d’acciaio è diventato centrale nel mio lavoro: una contrapposizione tra morbido e rigido che non solo permette di modificare il corpo, ma anche di creare strutture che vanno oltre la sua forma naturale.

Torniamo ai tuoi capi: sfidano le convenzioni su genere e silhouette. Quali sono le reazioni che ti emozionano di più da parte di chi li indossa?
È sempre magico osservare la reazione di chi indossa un corsetto per la prima volta. La sensazione di costrizione impone una nuova stabilità alla postura e, sebbene inizialmente possa sembrare scomoda, molti trovano appagante la percezione di contenimento e sostegno. Senza contare lo stupore nel vedersi con un girovita diverso da quello abituale. Tutte queste sensazioni diventano ancora più intense quando il capo è realizzato su misura, seguendo proporzioni, bisogni e desideri di chi lo indossa.

Il corsetto, un elemento centrale nelle tue collezioni, ha storicamente rappresentato sia costrizione che potere. Come lo hai reinterpretato per la moda contemporanea?
Per me il corsetto è diventato il simbolo della rivendicazione del proprio corpo e della traduzione in realtà della mia dedizione all’approccio artigianale e su misura. Credo che ogni brand contemporaneo dovrebbe riconsiderare questo approccio per affrontare le problematiche legate al consumo di massa e al fast fashion.

La collezione Proemio di Lorenzo Seghezzi
pic by Pietro Agostini

La moda è spesso vista come un mezzo per esprimere sé stessi. Per te, è più un rifugio, una forma di lotta o entrambe le cose?
Per me, come individuo, è sempre stata entrambe le cose, e il mio obiettivo è che lo sia anche per il mio brand. Negli ultimi anni ho percepito ancora più chiaramente quanto la moda abbia il potere di far sentire a proprio agio, sia nel proprio corpo che nella società.

Il percorso e il successo

Parlando del suo percorso, Lorenzo mi confida che le difficoltà non sono mancate e probabilmente continueranno a esserci. Tuttavia, uno dei momenti di svolta più significativi è stato vestire la cantante Big Mama per il Festival di Sanremo 2024. “Quell’esperienza ha dato credibilità e valore al brand su larga scala,” mi racconta, “esponendolo a un pubblico più generico che ha saputo apprezzarne i valori, l’estetica e l’attenzione ai dettagli.”

Hai già vestito celebrità e icone queer: chi ti piacerebbe vestire in futuro?
Ho un conto in sospeso con Madonna.

Un consiglio per chi lavora nell’ambito della moda con una carriera sartoriale?
Specializzarsi in qualcosa di più particolare e meno diffuso è sempre un’arma vincente, ma senza dimenticare che è fondamentale avere conoscenza e padronanza di un ampio spettro di tecniche sartoriali, soprattutto se si vuole avere un proprio brand. Proporre capi al pubblico senza sapere come funzionano e come vengono realizzati è sempre stato impensabile per me, e sono felice che stia emergendo una corrente di designer come me, dedicati al su misura e alla produzione artigianale.

Lorenzo Seghezzi
Lorenzo Seghezzi by Pietro Agostini

Curiosità 

Oltre alla moda, la sua creatività è alimentata da passioni che lo accompagnano fin dall’infanzia: il mondo naturale e il cinema. Mi racconta di quando, da bambino, costringeva i suoi genitori a portarlo quasi ogni domenica al Museo di Storia Naturale di Milano, sviluppando un’autentica ossessione per la botanica, la zoologia e la paleontologia. Il cinema, invece, è arrivato più tardi, durante l’adolescenza, ma è diventato una fonte d’ispirazione imprescindibile. “Ci sono film che riguarderei un milione di volte,” dice, citando Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante di Peter Greenaway, “la sua teatralità e drammaticità mi hanno stravolto fin dalla prima visione.”

Direi che Lorenzo si presenta da sé, che se ne può cogliere l’anima nei capi, la passione nei dettagli. Un incontro che definirei metaforicamente come un cerchio che non si chiude mai, lasciando la mente curiosa di vedere di più, di cercarlo e ricercarlo ancora, di esplorare la verità di una perfezione che non esiste, per rivelare l’individualità che spesso lasciamo nascosta. 

Spero - per me - di indossare uno di quei corsetti un giorno, per sentirmi sensuale, sicura, me sessa più che mai.

Spero - per lui - che quel conto in sospeso venga saldato, perché credo sia solo uno degli acconti che merita.