Carlo Poggioli racconta i costumi di Parthenope

Carlo Poggioli racconta i costumi di Parthenope

Carlo Poggioli è uno dei costumisti italiani più celebri e talentuosi. Le sue creazioni possiedono una voce e un’anima che colpiscono nel profondo. Proprio per questo, uno dei primi pensieri che ho avuto dopo aver visto Parthenope è stato volerlo intervistare.

Da dove siete partiti per ideare i costumi del film? Quali sono state le principali ispirazioni?

Lavorare con Sorrentino è straordinariamente interessante perché è un regista che scrive personalmente le sue sceneggiature. Partendo da queste, si ha già un quadro chiaro di ciò che Paolo desidera vedere visivamente: è più semplice trasformare le sue idee grazie a una scrittura precisa, dettagliata sui personaggi e molto minuziosa. Io inizio a lavorare proprio da lì, sviluppando idee da proporre al regista. Il mio processo parte sempre dalle atmosfere che ruotano intorno ai personaggi.

Celeste Dalla Porta e Gary Oldman in una scena del film

Paolo Sorrentino e Stefania Sandrelli

Sono nato nella provincia di Napoli e ho vissuto a Napoli fino all’età di ventitré anni; poi mi sono trasferito a Roma. È stata una grande avventura, perché partii con solo una cartellina da disegno, in cerca di lavoro. Ho avuto la fortuna di incontrare Gabriella Pescucci alla Sartoria Tirelli, luogo in cui sono cresciuto e ho maturato la mia carriera. Gabriella mi prese subito come assistente, e il mio primo film è stato Il nome della Rosa. Abbiamo lavorato tantissimpo insieme e, in quel periodo, ho capito che dovevo “rubare” quel mestiere con gli occhi.

Con Gabriella ho lavorato a Le avventure del barone di Münchhausen di Terry Gilliam, a L'età dell'innocenza di Scorsese, finché ho capito che ero pronto a volare con le mie ali. Ho avuto la fortuna di collaborare con Piero Tosi, il maestro di tutti noi costumisti, collaboratore di Visconti e Zeffirelli, e con Maurizio Millenotti. Devo tutto a loro e all’incontro con Ann Roth, con cui ho collaborato per Il paziente inglese, Il talento di Mr. Ripley e poi Cold Mountain di Minghella.

Bozzetto di Carlo Poggioli

Bozzetto di Carlo Poggioli

Di solito inizio a leggere la sceneggiatura insieme a Paolo, che mi dà i suoi suggerimenti. Di Napoli avevo un ricordo diverso, nonostante ci sia tornato negli anni. Ho studiato prima ciò che circonda i personaggi e poi siamo andati ad analizzare ogni carattere singolarmente; questo è molto importante anche per capire le palette di colori da utilizzare nel film. Durante la preparazione organizziamo sempre dei meeting di gruppo: il direttore della fotografia, il costumista, lo scenografo e, ovviamente, Paolo. Dopo aver stabilito un’idea comune, inizia un lavoro minuzioso che coinvolge la scelta delle stoffe, dei colori, delle forme. Discutiamo ogni aspetto, scena per scena e proposta per proposta.

Bozzetto di Carlo Poggioli

Bozzetto di Carlo Poggioli

Isabella Ferrari e Celeste Dalla Porta in una scena del film

Il film segue la vita di Parthenope dalla nascita all’età adulta, mostrando diverse fasi e stati d’animo.

In questo racconto, che attraversa epoche diverse, è molto importante comprendere la trasformazione dei personaggi. Ad esempio, per la protagonista Parthenope, partiamo dalla gioventù: è una giovane studentessa, un po’ fricchettona, che poi diventa assistente universitaria e, infine, insegnante. Sono tutte sfumature del personaggio che devono essere trasmesse anche attraverso il carattere del costume. Il lavoro del costumista serve ad aiutare l’attore a diventare completamente il personaggio. Alcuni attori, infatti, non capiscono pienamente chi sono fino a quando non indossano i costumi di scena.

Stefania Sandrelli e Celeste Dalla Porta in una scena del film

Bozzetto di Carlo Poggioli

Bozzetto di Carlo Poggioli

Quando abbiamo girato Youth con Michael Caine e Jane Fonda, avevo preparato i costumi con la famosa sartoria Cesare Attolini di Napoli; abbiamo collaborato con loro anche per i costumi dei personaggi interpretati da Gary Oldman e Silvio Orlando in Parthenope. Andammo a Londra a trovare Michael Caine per le prove dei costumi. Lui era lì, davanti allo specchio, in assoluto silenzio. Dopo la quarta prova, mi scambiai uno sguardo con gli Attolini per capire cosa stesse succedendo. Arrivati all’ultima prova dell’abito per la scena finale, Michael Caine mi disse: “Carlo, grazie a questa prova ho finalmente capito qual è il mio personaggio.” Questa frase mi ha profondamente gratificato, perché mi ha fatto capire quanto siano importanti i costumi per un attore.

Durante le riprese di The Young Pope, invece, Jude Law, che è un mio grande amico, indossava i costumi in un caldo terribile, poiché giravamo ad agosto negli studi interni di Cinecittà. Malgrado il caldo atroce, quando indossava la tunica e il mantello, Jude non voleva mai toglierseli nemmeno durante le pause. Mi diceva: “Carlo, avere questo peso addosso mi aiuta a comprendere meglio il peso della Chiesa che i papi portano sulle loro spalle.”

C’è un costume del film a cui sei particolarmente legato?

In tutta la mia carriera è difficile che mi affezioni soltanto ad un costume perché tutto quello che faccio viene da me.  Ho un ricordo ben preciso di tutti i costumi che ho creato e degli attori che ho vestito.  Una delle scene che mi ha più entusiasmato è quella in cui Parthenope indossa il tesoro di San Gennaro. È stato difficilissimo costruirlo, l’abbiamo creato pezzo per pezzo, ogni dettaglio è studiato perché fa riferimento al tesoro e all’iconografia. È stato un lavoro meticoloso, prezioso, ci siamo impegnati a individuare le giuste proporzioni. Quello è il costume più iconico del film secondo me. Poi sono legato anche a tutti gli altri,  fra i quali sicuramente da citare, il  mini abito ricamato in canottiglie argento che Celeste indossa nella scena della discoteca a Capri, un abito "magico" !

Bozzetto di Carlo Poggioli

Anthony Vaccarello, direttore creativo di Saint Laurent e Costume Artistic Director del film, ha realizzato alcuni degli abiti dei protagonisti. Com’è stata la vostra collaborazione?

È stata una collaborazione eccezionale. All’inizio ero un po’ preoccupato, perché né io né Paolo volevamo, in nessun modo, che nel film ci fosse un’influenza modaiola. Anthony Vaccarello è stato molto collaborativo: ha vestito gli attori protagonisti e ha capito subito le nostre intenzioni. Vaccarello ha creato appositamente un team per il film, con sarti e tagliatori dedicati esclusivamente alla nostra produzione. Abbiamo sempre lavorato insieme e parlato molto. Una cosa molto bella è che tutti gli abiti utilizzati sono stati realizzati appositamente per il film; non abbiamo usato nessun abito d’archivio, pur richiamando capi iconici di Saint Laurent come lo smoking androgino lanciato da Catherine Deneuve. Questo pezzo è così attuale e iconico che lo abbiamo riprodotto per Celeste esattamente com’è, senza alcuna modifica.

Celeste Dalla Porta nel film

In questo caso, la collaborazione tra moda e cinema è stata preziosa: non si ha mai l’impressione di assistere a una sfilata di moda durante il film, che era ciò che temevo. La fortuna di lavorare con Paolo è che è sempre attento a tutti, dai protagonisti alle comparse. A Palazzo Fuga avevamo allestito una sartoria lunga settecento metri in cui erano suddivisi, per le diverse epoche, gli ottomila costumi di "stock" e accessori che ci sono serviti per vestire le figurazioni. Una parte di questo spazio immenso era dedicato al laboratorio sartoriale dove con le tagliatrici e le tante sarte abbiamo confezionato i costumi su misura per parte del cast e per le figurazioni speciali. La sua attenzione ai particolari mi dà molta soddisfazione; ci sono registi, invece, che si concentrano solo sugli attori principali e trascurano il resto. È proprio per questo che mi piace lavorare con lui: ha un grande rispetto per il mio lavoro.

Napoli, tua città natale, è una presenza centrale nel film. Qual è il tuo rapporto personale con la città?

Anche se durante l'anno torno a Napoli per alcuni weekend per stare con i miei parenti, nei cinque mesi di soggiorno fisso per la preparazione e il girato del film ho avuto l’opportunità di scoprire una Napoli diversa, che avevo perso di vista quando me ne sono andato. È una città meravigliosa, che mi affascina nonostante sia, in un certo senso, una città dura, piena di contraddizioni. I napoletani hanno un carattere straordinario, e credo che questo emerga chiaramente nel film: una Napoli dura, intensa, poverissima, ma allo stesso tempo incantevole. Quando abbiamo girato nei vicoli, abbiamo conosciuto le persone che abitavano nei bassi; sono diventato amico di tutti, mi raccontavano le loro storie. I napoletani hanno una marcia in più.

Bozzetto di Carlo Poggioli

Se non siete ancora andati al cinema a vedere Parthenope, fatelo.

E quando ad agosto vi lamenterete del caldo atroce, pensate al povero Jude Law in vesti papali.