Intervista all'artista Ala d'Amico
Ala d’Amico è un’artista italo-brasiliana che vive e lavora a Roma, dove ha scelto di aprire Orme, uno spazio dedicato alla serigrafia. In un’epoca in cui tutto scivola via, immagini comprese, Ala lascia la sua traccia.
Da bambina, cosa sognavi di fare da grande?
Da bambina sognavo di fare la veterinaria, di vivere in campagna e di allevare cavalli. Mi affascinava l’idea di prendermi cura di qualcosa di vivo, osservare i ritmi della natura, lavorare con le mani.

Qual è il tuo legame con Roma e cosa ti ha spinto a tornarci?
Sono tornata durante la pandemia, avevo una bambina piccola ed è stato inaspettato. Alla fine, però, sono felice che sia accaduto. Ero andata a vivere all’estero a 18 anni e sentivo la mancanza di un senso di appartenenza, anche se, in realtà, non l’ho mai provato pienamente, nemmeno a Roma.
Come è nato il progetto Orme e perché hai scelto questo nome?
ORME è nato per necessità. Lavoro da vari anni con la serigrafia su grande formato, ma non riuscivo a trovare uno spazio a Roma adatto alle mie esigenze. Durante la pandemia ho approfittato del tempo a disposizione per fare ricerca e recuperare materiali e macchinari necessari al mio lavoro. Ho scelto il nome Orme perché evoca l’idea di tracce animali: segni che restano, ma che sono anche fragili, effimeri, destinati a scomparire.
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La serigrafia ha un aspetto quasi primordiale e sensoriale. Ti ritrovi in questa idea?
Assolutamente, la serigrafia ha un aspetto primordiale e sensoriale che sento molto vicino alla mia esperienza. Arrivo dalla stampa fotografica analogica, durante l'accademia nessuno si poteva permettere di lavorare in digitale. Oggi, purtroppo, è l'esatto opposto. Tuttavia, c’è un aspetto meditativo nella stampa artigianale. Devi essere estremamente preciso, perché con il minimo errore rischi di dover rifare tutto da capo ed è molto frustrante. Per me è un’esperienza dissociativa, simile all’ascolto della musica: serve concentrazione assoluta, ma allo stesso tempo il processo ti trascina altrove.

Nella tua quotidianità, quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Il testimone silenzioso e la memoria che i materiali naturali portano con sé sono per me elementi fondamentali. Mi ha sempre colpito l’omertà e la gerarchia che separa chi è visibile da chi resta celato. Le dinamiche di potere, sempre più evidenti nella nostra società, mi feriscono profondamente poiché toccano direttamente il mio senso di giustizia e appartenenza. L’oscurità di ciò che rimane invisibile, ma costantemente presente, è un tema che esploro nel mio lavoro.
Hai nuovi progetti in cantiere per il futuro?
Attualmente sto lavorando su due progetti e a fine febbraio ho partecipato a Parigi alla mostra Vita Dopo Vita presso la Galerie Derouillon.
Orme si trova in via Caetani, un luogo che custodisce la memoria di tante storie e che sarà la prossima tappa dei miei soggiorni romani.