Intervista a Carlotta Marioni

Intervista a Carlotta Marioni

Ariete ascendente toro, milanese con origini calabresi, bionda e simpaticissima. Carlotta Marioni è la stylist da cui tutte vorremmo essere vestite, la giornalista di cui vorremmo leggere tanti articoli, l’amica che tutti dovremmo avere accanto.

Io e Carlotta abbiamo appuntamento in un hotel di Porta Venezia, mentre l’aspetto su un divanetto di pelle mi arriva una mail in cui si scusa per un ritardo che ancora non si è concretizzato: in verità la sto aspettando da pochissimi minuti. Apprezzo la gentilezza.

Quando hai deciso che saresti diventata una giornalista di moda?

Non l’ho mai deciso. Sono nata in una famiglia di giornalisti: mia madre, mio nonno, il mio bisnonno. Avevo giurato che avrei fatto qualsiasi cosa ma non la giornalista. Mia mamma era un' importante giornalista e direttrice di Vogue Bellezza. Appena finito il liceo mi ha portato con lei a New York per un servizio fotografico. Lei era tutto il giorno fuori e io ero tutto il giorno sola, questo mi ha permesso di andare alla scoperta della città. La sera uscivamo con personaggi pazzeschi. Durante una cena con Bert Stern (uno dei fotografi statunitensi più celebri dell’epoca), a un tratto arriva Richard Gere che siede a tavola con noi. Era il mio compleanno e,proprio in quel momento, è arrivata la mia tortina e abbiamo festeggiato tutti insieme. Racconto sempre questa storia ai miei figli, così come racconto di quando in un’altra occasione, sempre nello stesso viaggio, siamo finiti allo Studio 54 e accanto a me c’era Andy Warhol.

Tornata in Italia ho deciso che sarei andata a New York, cosa che all’epoca per qualsiasi famiglia sarebbe stata una pazzia, la mia famiglia, invece, ha accettato che partissi.

Mia madre mi ha insegnato che l’ esperienza vale più di tutto il resto, bisogna studiare ma il lavoro sul campo è qualcosa che ti appartiene davvero: è tuo e di nessun altro.

Nel frattempo a New York si era trasferito anche mio fratello che faceva l’assistente fotografo.

Ho cominciato facendo la cameriera per mantenermi, i miei mi mandavano dei soldi ma non riuscivo a coprire tutte le spese. Lavoravo in questo bar e mi vestivo da milanesina perbene: calze di pizzo, gonna, scarpe da maschiaccio, cerchietto in testa. L’ aria da ragazzina sprovveduta mi ha fatto guadagnare molto in mance (ride ndr)! Mia madre, preoccupata che lavorassi fino alle due del mattino, mi propose di andare nell’ufficio italiano di Vogue a dare una mano, questo mi sarebbe servito a imparare il mestiere. Da Vogue lavoravo gratis, rispondevo a telefono e alcune stylist famosissime tra cui Anna dello Russo e Francesca Mattei hanno cominciato a chiedermi di trovare oggetti per gli shooting in giro per la città. È così che sono finita sui set e a lavorare con i numeri uno, non ero neppur particolarmente conscia di ciò: Steven Meisel, Barry McGee, una giovanissima Isabella Rossellini. In America ho fatto qualsiasi cosa ma, una volta tornata in Italia, non sapevo più cosa fare della mia vita. Quando hai a che fare con gente di quel calibro rientrare nella normalità è difficilissimo.

Sono stata presa in un giornale della Rai che si chiamava “Moda”, il direttore era Vittorio Corona, padre di Fabrizio, un bravissimo giornalista e un grande visionario. Corona aveva inventato una rivista molto innovativo che veniva letta sia da giovanissimi che da signore. Affiancavo una stylist bravissima ma molto esigente, questa esperienza mi ha formato tantissimo.

Dopo all’incirca due anni sono stata notata da un direttore di giornale che mi ha detto “Se hai resistito come assistente della tua precedente styllist e sei figlia di tua madre, puoi fare grandi cose”.

Per un periodo mi sono occupata del beauty, immagini e ricerca fotografica. Nonostante questo e la vicinanza a mia madre io ancora non mi so truccare né pettinare.

Ho fatto un po’ di tutto, passando di giornale in giornale e occupandomi di moda uomo, cosmetica, alta moda. Credo che il mio pregio più grande sia quello di riuscire a capire cosa vogliono le persone.

Verso me stessa sono molto autocritica, più che altro sono conscia dei miei problemi e dei miei difetti: dico liberamente che ho le rughe sul collo, il mio naso è imperfetto (l’ho rotto in gita scolatica a quindici anni tuffandomi di testa in piscina per la vergogna di mostrare ai ragazzi il mio fisico).

Borsa argento LE NOM.

Com’è cambiato il mondo dell’editoria?

Il mondo dell’editoria è cambiato enormemente. Una volta il ruolo della giornalista era molto importante, le giornaliste erano ascoltate e “dettavano legge”. Pensa che avevo una mia rubrica chiamata “La posta di Carlotta”, ora ho Instagram. Le redattrici di quotidiani e telegiornali continuano ad avere credibilità, quelle dei settimanali forse meno. Per questo essere su Instagram è importante, tramite questo canale si riesce a comunicare. Io sono sui social per caso, li ho grazie a mia figlia. Durante un viaggio di lavoro con delle influencer mi sono fatta spiegare come funzionasse questo social: hashtag, orari in cui postare,etc. e da quel momento non mi sono più fermata!

Durante il Covid il mondo dell’editoria ha subito una battuta d’arresto; pur continuando a fare il giornale (ricordiamoci che durante la pandemia i giornali uscivano in tempi dilatati ed erano molto ridotti) mi è sembrato di non esistere più, era come se stessi sparendo e non riuscissi a comunicare. Così ho cominciato a postare idee, consigli, sono entrata in contatto con persone che hanno saputo sfruttare questa opportunità e sono diventate influencer famose; alcune di loro ora sono mie amiche.

Il mio lavoro rimane quello della giornalista ma ammetto che mi sono divertita con i miei format, le dirette, ho scoperto che c’è tutto un mondo di donne della mia età e non che hanno i miei stessi problemi, curiosità. Quando esco talvolta vengo riconosciuta, il primo a essere fermato però è il mio cane (Leone ndr).

Sei di Milano?

Sì, milanese con origini calabresi. Il papà di mia mamma era calabrese, critico cinematografico e giornalista del Corriere della Sera. Mio nonno è dovuto scappare all’estero perché durante il fascismo era caporedattore al Corriere della Sera. Quando ha deciso di non accettare le veline mussoliniane è stato costretto a scappare in Svizzera perché altrimenti sarebbe stato arrestato. Al suo posto hanno arrestato mia nonna, mia madre era molto piccola. Quando mi è stata raccontata questa storia ero sconvolta, mamma ha sempre avuto il mito di suo padre, io ho avuto il mito di mia nonna che si è tirata su le maniche e si è data da fare. Vengo da una famiglia di donne molto forti, io sono più fragile e non nascondo questo aspetto.

Ho avuto una vita intensa e lavoro in un ambiente non facile. C’è chi dice che la modalità Eva contro Eva non esista più, io non sono d’accordo. Partiamo dal presupposto che gli uomini, purtroppo, a livello di violenza fisica e psicologica fanno ancora tanto contro le donne. Nessuno però parla mai delle dinamiche di invidia e gelosia che si innescano tra donne.

Instagram

Tra tutti i servizi che hai fatto, ce ne sono alcuni a cui sei più legata? Raccontaci delle tue esperienze sul set.

Questa è una domanda difficilissima perchè io sul set mi diverto sempre. Faccio un lavoro che mi piace (Carlotta è caporedattrice moda di Grazia ndr) e quando sono lì molto spesso si crea un bel rapporto di amicizia  e stima con gli attori e le persone presenti. Improvvisamente anche gli attori più famosi davanti alla macchina fotografica si smascherano, sono loro stessi. Al cinema puoi recitare, su un set di moda devi essere te stesso e vengono fuori tutte le insicurezze. Anche le donne più belle hanno grandi complessi.

Il mio trucco è quello di portare sul set il mio cane quando c’è qualcuno di particolarmente timido; Leone fa la pet therapy, li fa rilassare.

A questa piccola parte del mio lavoro si unisce una anche più faticosa: sono costantemente al computer, al cellulare, litigo per avere foto e materiali nei tempi giusti, correggo errori altrui o ne faccio io. Questo è un lavoro difficile per cui devi essere carrozzata. Io ho una duplice natura, forza e fragilità, ma ricordiamoci che sono un ariete con ascendente toro: non mollo.

Carlotta e Leone

Quali sono,secondo te, i tratti distintivi di una Milanese a Milano?

Ci sono due tipi di milanese: la milanese bon-ton che personalmente individuo in mia figlia. Precisa, stilosa, attenta, non dice una parola di troppo. Generalmente sono persone concentrate sul lavoro, naturalmente eleganti, stanno bene con qualsiasi cosa e sono talmente determinate caratterialmente che lo diventano anche nel look, nel modo di muoversi, nelle cose che vedono e che fanno. Il secondo tipo di milanese (che si avvicina di più a come sono io) è una via di mezzo tra una persona un po’ freak chic (termine che non amo), una snob e una che “chissene”. Questa seconda milanese ha uno stile semplice, a differenza delle parigine abbiamo un’ attitude più diretta che ci rende naturalmente sensuali. Le milanesi come me sono delle finte svampite che fingono di indossare capi a caso, in verità c’è dietro uno studio involontario.

Ricordati, bisogna sempre avere addosso una cosa “sbagliata”, che sia il capello spettinato, la smagliatura, l’accessorio che non va bene, il mocassino vecchio. Questo tutte le milanesi lo sanno molto bene.

L’intervista si è trasformata subito in una chiacchierata piacevolissima. Siamo state insieme per due ore e il tempo è volato. Torno a casa con una grande gioia, felice di sapere che esistano ancora persone come Carlotta che lavorano nel mondo della moda. Essere vestiti con gusto per  me è importante. Essere chic ed essere anche gentili lo è ancora di più.