Laposh - Memorie di un influencer perbene
In un periodo storico in cui non c’è cosa più preziosa della gentilezza, Camilla Da Rocha, in arte Laposh, ci aiuta a districarci nel difficile universo delle buone maniere. E, perché no, anche in quello delle nostre emozioni.
Il manifesto Laposh mi ha ricordato questa frase di Lina Sotis: “La buona educazione stempera l’aggressività propria e altrui e consente di vivere la vita con più facilità”.
È sicuramente così, condivido appieno questa frase. Ho studiato psicologia ed è incredibile rendersi conto di quanti punti di contatto ci siano tra il bon ton e la psicologia. In passato tutto quello che aveva a che fare con le buone maniere faceva parte di un mondo molto rigido e un po’ classista, e ci si è così allontanati dalle generazioni più giovani. In verità il mondo del bon ton è molto bello e molto umano, se colto nella sua essenza è utile per vivere bene con se stessi e con gli altri, quindi molto simile alla psicologia.
Parlaci del tuo percorso.
Sono nata e cresciuta a Verona, ho fatto il liceo lì e poi ho iniziato la triennale in psicologia clinica a Padova. Mi sono trasferita a Milano, all’Università Cattolica, per la magistrale e ho deciso di diventare una psicoterapeuta, ho fatto l’esame di stato e un tirocinio post laurea. Purtroppo non è andata come previsto, questa è stata una grande delusione che mi ha impedito di proseguire il mio percorso come psicoterapeuta. Alla fine credo che sia giusto così, il destino mi ha riservato altro.
Lo scenario lavorativo per un laureato in psicologia non è dei migliori. Mentre cercavo lavoro, ho aperto il mio profilo Instagram. Sono sempre stata un’intrattenitrice , mi è sempre piaciuto parlare con le persone. Mia madre mi racconta che quando ancora non sapevo parlare parlavo con la gente con parole inventate. Sin dall’inizio la pagina ha avuto un discreto riscontro, ho quindi deciso di fare delle scuole specifiche di formazione per avere maggiore credibilità. Ho studiato a Londra e in Svizzera. In origine queste finishing school erano scuole per signorine che, detta così, mi fa accapponare la pelle. In relatà, quelli che in origine potevano essere istituti molto poco femministi, avevano una base di femminismo vero perché le ragazze delle famiglie più nobili potevano cogliere questa occasione per uscire di casa. Oggi la maggior parte di questi istituti ha chiuso, fortunatamente ora le ragazze hanno ben altro da fare, possono andare all’università. La scuola che ho frequentato io è per donne di tutte le età, sono tutte donne con storie e background diversi.
Come spiegheresti a un bambino che lavoro fai?
Faccio tante cose, non faccio una cosa sola. Fornisco consulenza ad aziende per il management, per formare il personale e affinare le skills a tavola o la conversazione. Sono tutti strumenti in più che ad alcune aziende interessano. La parte più corposa del mio lavoro è quella di creare contenuti di bon ton da pubblicare sui miei canali social. Collaboro molto con i brand che vogliono avere uno spazio pubblicitario sulla mia pagina.
Nel quotidiano comunico molto con le mie follower; uso il femminile perché tendo ad ignorare la componente maschile dei miei follower, poverini. Le chiamo sempre “signore” e parlo sempre al femminile, ma nel bilancio della storia femminile sono contenta così. Nel mio piccolo spazio parlo alle donne. Mi piace scherzare con loro come fossimo un gruppo di amiche, scherziamo insieme e loro mi aggiornano sulle loro vite; si è creato un gruppo molto bello. Provo sempre ad avere un approccio divertente, non solo legato ai temi di etichetta, altrimenti sai che noia? Le buone maniere insegnate con un approccio bacchettone possono essere davvero pesanti.
Tre regole del galateo che tutti dovremmo conoscere.
Di base essere gentili è l’unica cosa che veramente conta. Una persona, per quanto mi riguarda, può anche mangiare con la bocca aperta. Ma se è carina e gentile le perdono tutto. Dovremmo cercare di essere attenti agli altri, dire più “Grazie”, essere persone di cuore.
Parlando di regole vere, ti direi che grattarsi in pubblico e sbadigliare senza mettere la mano davanti alla bocca sono delle cose che proprio non si dovrebbero fare.
Prima ho detto che perdonerei chi mangia a bocca aperta ed è vero, ma penso che sia sempre meglio chiuderla, se si ha voglia.
Qual è secondo te la massima espressione dell’eleganza?
Non ho dubbi, la gentilezza. Una persona gentile sarà sempre elegante. Una persona molto chic ma umanamente misera per me non sarà mai elegante. È qualcosa di molto complesso che non puoi ricondurre a delle regoline. L’eleganza estetica ha a che fare con il gusto personale. Per me le persone eleganti sono quelle che si sanno raccontare, che raccontano di sé e del proprio contesto. L’eleganza non è standard e uguale per tutti. Siamo abituati a un modello eurocentrico di eleganza, stile Principessa del Galles. Io adoro Kate Middleton ma mi piace per com’è, non per come si veste. Il modello europeo di eleganza è quello più diffuso: vestirsi in maniera sobria con colori neutri, bilanciati. Ma non c’è solo questo, il mondo è grande, l’eleganza giapponese è diversa da quella europea, così come quella che ci può essere in Centro Africa.
Abbiamo bisogno di più influencer come Camilla. Di più leggerezza. Di più gentilezza.