Mariella Milani Confidential
Quella con Mariella Milani è una delle interviste di cui sono più felice. Giornalista, critica di moda, inviata di cronaca, capo redattore della direzione del TG2. Anche se non siete esperti di moda, sono sicura che ognuno di voi, almeno una volta nella vita, ha incontrato questa donna strepitosa. Io l’ho incontrata tante volte a casa mia, quando si guardava il TG2.
Quando e perché ha deciso di diventare una giornalista?
Ho desiderato diventare una giornalista fin da quando frequentavo le scuole medie, spinta soprattutto dalla professoressa di italiano che continuava a ripetere che il mio modo di scrivere era un dono, come la fantasia. Spesso mi chiedeva di leggere i miei temi alle compagne perché riteneva che anche la voce fosse una mia prerogativa e così è stato. Mi affascinava l’idea di poter raccontare il mondo, i sentimenti e i fatti di cronaca che accadevano intorno a me. Sono sempre stata una persona curiosa e credo che sia una qualità indispensabile per fare questo mestiere.
Il suo punto di vista sul fashion system è prezioso perché porta alla luce temi che, la maggior parte delle volte, sono coperti dalla patina dorata di un ecosistema che fa fatica a mostrarsi per quello che è veramente. Questa e altre tematiche vengono trattate nel suo libro “Fashion Confidential”.
Nel libro ho definito la moda un mondo pieno di luci e ombre, lustrini e pugnali, egocentrismo e servilismo, adulazione e ipocrisia. Tuttavia ritengo si tratti di un universo affascinante: si nutre di bellezza, sogni, creatività, scenografie spettacolari e un immaginario caleidoscopico capace come niente di trasportarci in un altrove in grado di far dimenticare la noia e la ripetitività del vivere quotidiano. Mi piacciono l’estro, la stravaganza, l’eccentricità, tutto quello che è in movimento e che racconta il tempo che viviamo anticipando quello che verrà. In Fashion Confidential ho raccontato l’epopea degli anni Novanta, fra sfilate mozzafiato, top model e stilisti osannati come divi e fenomeni che hanno fatto epoca. L’obiettivo non era soltanto quello di descrivere il dietro le quinte di un sistema, quanto piuttosto quello di squarciare il velo - senza peli sulla lingua - sul mio vissuto, offrendo non una fredda cronaca ma un personale punto di vista su un universo in profonda trasformazione, anche attraverso le testimonianze dei protagonisti e degli addetti. I social, l’attenzione alla sostenibilità e all’etica del lavoro, l’evoluzione di certi canoni estetici, la presa di coscienza di una fluidità dei generi sono diventate tematiche centrali e non si può usare, per parlare della moda di oggi, lo stesso linguaggio di un tempo.
Quanto è importante scrivere di moda in un mondo in cui la narrazione è affidata quasi esclusivamente a immagini e contenuti audiovisivi?
Credo che la scrittura resterà sempre uno degli strumenti più importanti dell’informazione, anche se è difficile leggere qualcosa che non sia dettato dal marketing e dal potere delle multinazionali del lusso sull’editoria. La forza delle immagini, talvolta, è più eloquente delle parole ma tutto questo, ovviamente, dipende dalla serietà e dalla capacità di racconto e di analisi di chi veicola il contenuto. Penso che la moda, e non solo, assuma maggior
valore attraverso parole e immagini che riescano a emozionare, conquistare o stupire chi legge o chi guarda, ma è altrettanto importante saper decodificare quello che si vede.
C’è stata un’intervista che le ha cambiato la vita?
Prima di occuparmi di moda sono stata un’inviata del Telegiornale e ho realizzato reportage e interviste ad amministratori corrotti, anziani maltrattati, giovani criminali, pedofili e bambini abusati. Ho conosciuto la realtà raccontata in Gomorra ed è stato quel mondo a cambiarmi profondamente. Nel 1994 scelsi di occuparmi di un settore come il fashion system dove, al di là delle comuni prevaricazioni e delle ombre, dominano il gusto della bellezza e il desiderio di creatività. Non è poco in un mondo così inquinato.
Un caffè con Mariella, reel Instagram e podcast in cui racconta le tante sfaccettature del mondo della moda sono solo alcuni dei progetti che ha portato avanti negli ultimi anni. Quali sono i suoi consigli per creare dei contenuti che abbiano un valore?
Alla base di qualsiasi lavoro bisogna avere curiosità, entusiasmo, voglia di affrontare sempre nuove sfide, coraggio di osare e sperimentare nuove formule. I tanti che mi hanno conosciuto ai tempi in cui lavoravo al Tg2, si chiedono come mai abbia conquistato oltre centomila follower su Instagram, trasformandomi in una giornalista digitale pur non essendo affatto una persona tecnologica, anzi una schiappa… La mia risposta è solo una: nonostante l’età, che peraltro definisco “un dettaglio” anche se non è completamente vero, l’arma vincente è la voglia di reinventarsi e la capacità di creare una community che dimostra ogni giorno di apprezzare i miei contenuti perché espressione di una voce anarchica e libera. Alla base devono esserci necessariamente cultura, conoscenza e passione per poter fare delle connessioni - con il cinema, l’arte, la storia, la letteratura, la musica - che sono il valore aggiunto di ogni contenuto. Non a caso il mio slogan è “avanti tutta!”.
Tre azioni della vita quotidiana che la rendono felice.
Guardare film, ridere con la mia nipotina e fare shopping.
La conversazione con Mariella Milani mi ha fatto pensare a una frase di Audrey Hepburn: "La semplicità e la verità sono le cose che contano veramente. Vengono da dentro. Non si può fingere".